lunedì 5 ottobre 2015

Vacanze estreme Viaggio su 2 ruote

Quindici giorni in sella a una bici tutti di un fiato. Un solo giorno di pausa, due di riposo a New Delhi. In mezzo, un’avventura iniziata con l’imbarco su un volo Roma-Francoforte, poi l’arrivo da New Delhi, tramite un volo nazionale, a Srinagar in Kashmir, al confine con il Pakistan, dove è cominciata la traversata “on the road”. 950 chilometri su due ruote con 16.000 metri di dislivelli e punte di 5.328 metri. Pedalata dopo pedalata, hanno attraversato la strada per veicoli a motori più alta del mondo, dormito dove capitava, mangiato rigorosamente cibo locale (piccantissimo). Un avvincente tour de course comprensibile fino in fondo solo da chi nella vita possiede due passioni irrefrenabili: i viaggi e le due ruote. Che quando si uniscono ne fanno assaporare il gusto.
 
Così Giovanni Andrea Panebianco e Matteo Colizzi, entrambi romani dei Parioli, il primo ex funzionario del Ministero dell’Agricoltura, il secondo avvocato, dal 14 al 30 agosto hanno attraversato il Ladakh indiano in bici. Senza tenere un diario: tutto nei loro occhi e nei loro ricordi. Pochi indumenti, qualche precauzione e via. Con in sottofondo il rumore del vento nelle orecchie. Gund il posto più accattivante, «non c’era niente. Siamo giunti in una stazione di polizia, abbiamo chiesto di poter dormire in una cella. Alla fine, dopo varie ore di attesa, ci ha dato ospitalità un kashmiro a casa sua. Abbiamo pagato 6 euro a persona», raccontano con ancora in mente quei flash indimenticabili. A seguire, Drass, Khalsi, Leh, Rumtse, Tanglang La, Pang, Sarchu, Jispa, Khoksar. Fino a Manali, ultima tappa. Il coraggio di un sogno realizzato. E non è la prima volta: alle spalle della coppia di amici viaggi simili nell’infinita Mongolia, tra solitudine e natura selvaggia, in Corsica e in Islanda sulla spettrale strada dei banditi. «Tutti viaggi estremi», ci tengono orgogliosamente a precisare. Nel quotidiano in giacca e cravatta, in vacanza impavidi avventurieri, Giovanni e Matteo. Come vi è venuto in mente di arrivare in Ladakh in bicicletta? Risponde Giovanni: «Avevo bisogno di staccare con tutto e immergermi nella natura dopo la morte di mia madre, stroncata da un male ancora giovane: voleva conoscere l’India, ma non ha fatto in tempo. Così con Matteo, compagno di peripezie, abbiamo deciso». Per Giovanni, un viaggio che ha seguito il filo del destino. La sua bici, modello Radon, era stata rubata a marzo a Roma in Largo Argentina. Dalle colonne de Il Tempo aveva lanciato pure un appello terminato col rocambolesco ritrovamento a Porta Portese. Poco prima del viaggio in terra indiana compiuto su quella stessa bicicletta. Le sensazioni più belle? «Di sicuro in cima ai Passi. Sembra di stare sul tetto del mondo. E l’esperienza nei paesini conosciuti nel tragitto. Gli indiani di montagna hanno uno spirito stupendo. Oltre alla visita ad una scuola del Tibet: abbiamo regalato ad un bimbo l’istruzione per un anno». E ancora raccontano: «A volte ci cucinavamo dei risotti portati da casa, cotti con un fornelletto e consumati in location mozzafiato. L’acqua sgorgava dai molti corsi giù dalle montagne: ottima e freschissima! La guida a sinistra? Difficile all’inizio in termini di orientamento. Sulle strade regna il caos: tutto è permesso». Vi frullano altre idee in testa dopo l’India? «Il prossimo anno vorremmo andare in Alaska. In bici, certo».
 
Tanto per continuare a sfidare i propri limiti. Non sono gli unici Giovanni e Matteo. Da sola in sella alla sua amata Lombardo ha girato la lontana Australia la ventottenne biker siciliana, di Ragusa, Alessandra Nicosia. Lei l’ha fatto con un blog in cui ha reso noto a tutti, step by step, i dettagli della sua avventura, macinando chilometri in Tasmania e oltre. Tra gli altri girovaghi anche i due ciclisti romani che dai Sette Colli sono arrivati (finora) ai Sette Passi: Daniele Carletti e Simona Pergola. Partiti poco più di un anno fa da piazza del Campidoglio, giunti pochi giorni fa nel cuore della Cina. Quattro anni e più di 100 mila chilometri da percorrere attraverso più di 50 Paesi. Proprio un viaggio nel mondo il loro. In nome di quel cicloturismo che in Italia sta iniziando a farsi sentire (è approdata in Commissione Ambiente alla Camera la proposta di legge Realacci). A casa nostra ci sono 1.189 chilometri di binari chiusi che aspettano solo di essere valorizzati.

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